Con la pubblicazione del presente volume riguardante la Chiesa e la Confraternita di San Giovanni Battista di Nardò si aggiunge un altro interessantissimo tassello per la conoscenza di come si sia sviluppato e articolato lungo i secoli nel territorio il fenomeno confraternale e dell’incidenza che esso ha avuto nella vita cittadina: riemergono dal buio di un oblio, che sarebbe potuto diventare definitivo, vicende e volti umani, che non solo disegnano squarci di vita della comunità locale, ma soprattutto fanno intuire quali valori e quali sensibilità hanno contribuito a costruire l’identità propria del popolo neritino.
Sorprende cogliere come il culto verso San Giovanni Battista superi ampiamente i confini anche temporali della Chiesa e della Confraternita che portano il suo nome e, pertanto, non è improbabile che ne possa essere stata la causa. L’ipotesi verosimile, infatti, che la più o meno coeva Confraternita dell’Annunziata possa aver avuto origine dalla corporazione degli orafi e dei maniscalchi, tant’è che essa custodiva il culto del patrono di quella categoria Sant’Eligio di Noyon, apre la via al fatto che la Confraternita di San Giovanni Battista possa essere stata a sua volta espressione della corporazione dei pellettieri, in entrambi i casi si sarebbe trattato di attività ampiamente e documentatamente presenti nel territorio che coinvolgevano un numero di lavoratori dei rispettivi settori niente affatto trascurabile anche in considerazione della grandezza numerica che già all’epoca (secc. XV-XVI) la popolazione di
Nardò faceva registrare.
Il volume, frutto del lavoro certosino e competente del dott. Marcello Gaballo, compone come in un variegato mosaico tutte le informazioni d’archivio e monumentali ad oggi reperite sull’argomento e offre un quadro sufficientemente ampio della vicenda storica che ha interessato sia la Chiesa che la Confraternita di San Giovanni Battista. La ricchezza e la ricercatezza dell’apparato fotografico, che accompagna il testo scritto, rendono inoltre il lavoro ancora più accattivante e più prezioso, anche perché lo inseriscono in un respiro cultuale e culturale che va ben oltre i confini del territorio cittadino e che evidenzia una diffusa sensibilità che ha segnato un’intera epoca.
Tale lavoro giunge a coronamento di uno sforzo notevole e generoso, quasi una scommessa, compiuto dagli attuali sodali della Confraternita, che hanno voluto far rivivere un sodalizio ridotto ormai al lumicino e senza più alcuna prospettiva di futuro. Tale sforzo può apparire a taluni un’operazione di sapore nostalgico, tanto più che ha mirato al recupero di una forma di socialità, qual è quella di una confraternita, apparentemente superata sul piano culturale e storico. In realtà, nella città e nel territorio salentino in genere le confraternite sono ancora vitali e riescono ad essere, se non in tutti i casi, ancora attrattive anche nei riguardi dei giovani. Lascio agli studiosi di sociologia un’analisi più approfondita del fenomeno.
È certo, però, che sul piano pastorale le confraternite rappresentano un’opportunità che attende ancora di essere nuovamente valorizzata nel contesto attuale: mostrano, infatti, di avere ancora capacità aggregativa; costituiscono un ambito particolarmente favorevole per la formazione, non solo cristiana, di giovani e adulti.
Ma l’impegno a far rivivere una confraternita in via di estinzione ha una senso e diventa una promessa per il futuro nella misura in cui ci si adopera per ripensare la sua collocazione e la sua funzione al servizio della società attuale.
Le confraternite infatti sono sorte sulla scorta di una forte istanza sociale, come risposta della carità cristiana, organicamente strutturata, a bisogni collettivi ai quali le istituzioni pubbliche non riuscivano a far fronte. Oggi la situazione è totalmente cambiata, perché lo Stato moderno è fondato su un patto di socialità pubblica allargata a tutte le situazioni della vita umana; ciò nonostante, resta ancora ampio spazio per l’iniziativa privata e associata, perché bisogni nuovi si affacciano in continuazione e perché anche l’azione sociale pubblica ha bisogno di essere supportata da un’anima che scaturisca da valori di ordine superiore e profondamente radicati, quali la fede soltanto è capace di promuovere.
Non c’è, allora, che da sperare che sulla scia della testimonianza di un profeta che ha aperto gli animi all’incontro con la novità rivoluzionaria del Vangelo, anche la rinata Confraternita di San Giovanni Battista sappia realizzare una presenza significativa ed incisiva nella società del nostro tempo, a servizio della promozione di un autentico bene comune.
Mons. Giuliano Santantonio
Vicario generale
della Diocesi di Nardò – Gallipoli