IL PMA DI NARDÒ CHIUSO DA PIÙ DI UN ANNO, AD OGGI NESSUN CENTRO ATTIVO E MOLTE DELLE COPPIE IN CURA FERME

Siamo perfettamente consapevoli delle ragioni che sono alla base della decisione dell’ASL LE di trasferire presso l’ospedale “Vito Fazzi” il Centro di Procreazione Medicalmente Assistita, che a Nardò ha comunque operato correttamente per anni presso il presidio sanitario “Sambiasi”.

Sappiamo bene che tali ragioni si basano sulla necessità di collocare lo stesso centro in una struttura ospedaliera e, nonostante il rammarico per l’ennesimo depauperamento del Presidio Territoriale di Assistenza di Nardò, auspichiamo che da tale trasloco scaturisca un effettivo miglioramento nell’assistenza alle donne che attendono di poter mettere al mondo una loro creatura. Non riusciamo però a comprendere perché l’ASL, in attesa di creare le concrete condizioni per accogliere il PMA presso il “Fazzi” (impiegando tempi inspiegabilmente molto lunghi), ne abbia bloccato ormai da molto tempo l’operatività presso il “Sambiasi”. Tale interruzione ha vanificato di fatto i percorsi già intrapresi da decine di donne salentine, a scapito dei risultati parziali dalle stesse acquisiti con la cura fino al momento del blocco. Ci auguriamo anche che non vengano trascurate le competenze e le professionalità acquisite finora dagli operatori del PMA.

Peraltro, utilizzando a contrario la medesima logica che impone di assegnare alcuni servizi sanitari alle strutture ospedaliere, tenute a dare risposte adeguate alle urgenze, alle acuzie e alla medicina di particolare rilevanza e complessità, vorremmo sottolineare che gli ospedali non dovrebbero essere ingolfate dall’attività sanitaria di tipo ambulatoriale, dagli screening, dalle indagini non strettamente funzionali alle esigenze ospedaliere, dalla chirurgia day service. Le carenze e le difficoltà che si riscontrano nel campo della sanità – peraltro fortemente acuite dalla pandemia in corso – devono essere affrontate e superate, abbandonando la logica ospedalecentrica, con il rafforzamento dell’offerta sanitaria di prossimità, con il potenziamento dei presidi territoriali di assistenza, con la valorizzazione dei medici di base, con gli ospedali di comunità, ecc. Sono queste, infatti, le direttive inequivocabili definite dal Ministero della Salute, che le regioni devono fare proprie e rendere operative.

Per questi motivi, è diventata indifferibile la concreta applicazione del Protocollo d’intesa firmato nel 2013 dalla Regione, dall’ASL e dal Comune di Nardò, in base al quale l’ex ospedale di Nardò deve essere riconvertito in Poliambulatorio di III livello. In questa direzione sono stati fatti indubbi passi in avanti, ma si sono dovuti registrare inaccettabili cadute di operatività, in particolare nel day service chirurgico e in alcune attività ambulatoriali. Compito dell’ASL è quello di ripristinare pienamente tali operatività, adeguando risorse strumentali e professionali; compito della Regione è sicuramente quello di mettere a disposizione i mezzi necessari a dare attuazione al Protocollo d’intesa del 2013.

Tutto il resto (“reparto di senologia”, punto nascite privato, ecc.) è un cumulo di fanfaronate di chi non si è mai efficacemente battuto per migliorare l’offerta sanitaria ai cittadini del nostro territorio.

Carlo Falangone