IL CAOS NELLE SCUOLE NERETINE

L’autonomia decisionale degli enti è una bella cosa, sicuramente. Principio adottato per rendere più efficente ed immediata ogni risposta anche nella pubblica amministrazione. Ma quando si tenta di praticare lo stile libero in una tinozza poi l’acqua finisce sul pavimento.

Vediamo di schematizzare. A Nardò ci sono tre poli comprensivi. Per chi non ha figli diciamo meglio: tre dirigenze autonome una rispetto all’altra. E ognuna dispone di classi di scuola dell’infanzia, scuola primaria (le elementari…) e scuola media, oggi definita secondaria di primo grado.

Ma come si sono comportate queste scuole, singolarmente, nell’interpretazione dell’ordinanza di Michele Emiliano? Quella che dice ai dirigenti scolastici “fate un po’ come ve pare”?

Partiamo dal Primo Polo, via Crispi e piazza Umberto. La dirigente, alle ore 11.42 di oggi (non sapeva ancora, ovviamente, che il Tar avrebbe buttato giù l’ordinanza alla quale fa riferimento), avvisa i genitori che da domani, 24 febbraio, si torna in presenza ma solo per il 50% di capienza delle aule, secondo quanto indicato dall’ordinanza della Regione Puglia del 20 febbraio scorso.
E’ facoltà della istituzione scolastica di ammettere in presenza alunni che, per ragioni non diversamente affrontabili, non abbiano la possibilità di partecipare alla didattica digitale integrata, purchè non venga superato il limite del 50% della popolazione scolastica per ogni singola classe o sezione d’infanzia.

Passiamo al Secondo Polo. Diciamo, in termini sempre molto semplificati, che le famiglie del Secondo Polo (via Manieri, via Pilanuova ecc.) hanno avuto dalla dirigenza una risposta “articolata” alla bizzarra ordinanza di Michele Emiliano che prevede la scuola “fai-da-te”.
Possono frequentare in presenza, infatti, gli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali (DSA e BES) certificati.
Possono frequentare anche gli alunni che non hanno la possibilità di partecipare alla didattica digitale integrata per ragioni non diversamente affrontabili, debitamente motivate. Non saranno considerate “ragioni diversamente affrontabili”: quelle lavorative di entrambi i genitori, se gli alunni hanno comunque un adulto di riferimento a cui essere affidati durante le lezioni a distanza; quelle legate alla mancanza di dispositivi e di connessione (perché la scuola ha già provveduto e provvederà alla fornitura degli stessi in comodato d’uso, previa richiesta al coordinatore).

Finiamo con il Terzo Polo (diversi plessi tra i quali quello “storico” di via XX Settembre) dove la richiesta di autorizzazione da compilare a cura dei genitori presenta una sola opzione, laconica: “Potranno fare richiesta per la didattica in presenza i genitori degli alunni che non hanno la possibilità di partecipare alla didattica digitale integrata, in quanto non raggiunti da alcuna copertura di rete (di nessun gestore), necessaria per garantire il collegamento ad Internet”.
Quindi qualcuno che è residente a Lampedusa, forse, può andare a frequentare “in presenza”.

Chiudiamo con una considerazione: ma nella stessa città, una piccola cittadina di 30mila abitanti, possono convivere tre soluzioni diverse?
Pare evidente che ci sia disparità di trattamento persino tra fratelli (sì, può essere, se sono iscritti in due scuole diverse):
– uno va a scuola in presenza se frequenta il Primo Polo se le motivazioni addotte sono accettate dalla dirigente;
– il secondo fratello forse entra in una classe del Secondo Polo se ha una ragione non diversamente affrontabile: per esempio una famiglia di cittadini stranieri nella quale entrambi i genitori lavorano e non ci sono a disposizione per seguirlo i nonni o altri parenti;
– il terzo fratello, il più sfortunato, che dovrebbe frequentare al Terzo Polo, a scuola non ci va di sicuro perché oggi quattro tacche sul telefonino ce le ha pure nonna Abelarda.

Morale: ma è possibile sopravvivere in un mondo fatto così male? Ma i dirigenti scolastici – tre sono! – non potevano sentirsi prima invece di creare questo “mostro” che, se vogliamo essere chiari, genera una situazione kafkiana nella stessa città, nello stesso quartiere, nella stessa palazzina dove uno studente ha opportunità di andare a scuola in presenza e l’altro no?
E l’assessorato alla Pubblica Istruzione, in casi come questo, non può fungere da cabina di regia, da coordinamento? Quando vogliono i politici sono così bravi a coordinare le questioni che a loro interessano, questa non lo meritava?

Sappiamo che c’è maretta, soprattutto tra le famiglie del Terzo Polo. Si stanno studiano lettere, manifesti, pubbliche iniziative per far correggere la circolare che riguarda la possibilità di fruire della didattica in presenza solo per mancata copertura di rete (da parte di ogni gestore esistente). Parole scritte nel 2021.
Senza dimenticare che ci sono anche genitori che non intendono far utilizzare ai propri figli, soprattutto quelli della scuola dell’infanzia, tecnologia spinta come pad e computer.
Eppure oggi si troverebbero a tenerli davanti ad uno schermo per almeno tre ore al giorno.