LETTERA – UN’INFERMIERA NERITINA SCRIVE AL SINDACO

Egregio Sig. Sindaco, sono un’infermiera in servizio presso l’ASL “V. Fazzi” di Lecce, e vorrei esporLe un problema che mi sta molto a cuore, anche in quanto cittadina di Nardò.

Come ben sa, viviamo in una situazione sanitaria molto critica, ora più che mai a causa del Coronavirus. Ogni giorno il lavoro mi porta a vedere i miei colleghi esasperati da turni massacranti, i reparti ospedalieri, soprattutto quelli addetti all’emergenza, sono al collasso. Non riusciamo più a reggere una situazione che purtroppo si sta rivelando essere più grande e più forte di noi. Non possiamo farcela. Non da soli.

Ogni giorno arrivo a svolgere il mio lavoro con tanta forza e ottimismo, ma il mio stato d’animo non è lo stesso a fine turno, quando la sensazione di sconforto è predominante. La sofferenza che vediamo in ogni paziente diventa anche nostra.

Ho, anzi abbiamo paura. Paura di non farcela. Paura di perdere la battaglia per cui stiamo combattendo. Paura per noi stessi e per i nostri cari. Paura di perdere ancora troppe vite. Perché purtroppo non esiste solo il Covid, e il nostro dovere è offrire un’adeguata e efficiente assistenza ad ogni singolo paziente, ma in questo momento di emergenza sanitaria diventa più difficile farlo.

La domanda che tante, troppe volte mi passa per la testa è: perché abbiamo a disposizione una struttura sanitaria che è quasi completamente inutilizzata per i suoi scopi? Eppure il nostro presidio ospedaliero era tra i migliori della Puglia, e lo confermano anche i tanti pazienti, soprattutto anziani, con cui ogni giorno vengo a contatto, i quali, quasi con le lacrime agli occhi mi chiedono “l’ospedale di Nardò, che peccato… funzionava così bene. Ma perché è stato chiuso?”. Domanda a cui purtroppo, a distanza di anni, non trovo ancora risposta.

Quindi io ora chiedo a Lei: perché non ne viene presa in considerazione una riapertura, vista soprattutto la situazione che stiamo vivendo? Penso che sarebbe un grande aiuto sia per i pazienti che per noi operatori sanitari.

Veniamo decantati come eroi, come coloro che sacrificano la propria vita per salvarne un’altra. Ma a volte gli eroi non sono invincibili e hanno bisogno di aiuto. Quindi mi chiedo: c’è qualcuno disposto ad aiutarci in questa battaglia?

Un piccolo gesto sarebbe già un grande traguardo, perché “è necessario unirsi, non per stare uniti, ma per fare qualcosa insieme”.

Cordialmente, Gaia Mazzarella