La continua chiusura di tanti ospedali con la conseguente perdita di migliaia di posti letto avvenuta in Italia negli ultimi 20 anni non va ricercata solo negli ingenti ed indiscriminati tagli effettuati dallo Stato alla spesa sanitaria nazionale. Tale scelta voluta dai diversi Governi che si sono succeduti fin da prima che scoppiasse la crisi economica del 2008 mirava a contrarre la spesa pubblica sanitaria ma di fatto non ha centrato l’obiettivo, anzi.
Negli ultimi venti anni infatti mentre la spesa dello Stato per la sanità cresceva sempre di più il numero di ospedali e di posti letto diminuiva costantemente. Dai circa 311 mila posti letto del 1998 esistenti sul territorio nazionale si è passati ai circa 191 mila del 2017 passando di fatto da 5,8 posti letto ogni mille abitanti del 1998, a 3,6 nel 2017 (dati Istat). La riduzione dei posti letto e del numero di ospedali è una scelta che oltre a tenere conto delle politiche di riduzione della spesa pubblica per la sanità affonda le sue radici anche nei diversi Piani Nazionali Sanitari varati nel corso degli anni che puntava a realizzare una forte deospedalizzazione ed una maggiore assistenza domiciliare per i malati. Gli obiettivi strategici contenuti nei diversi Piani Nazionali Sanitari in vigore infatti erano:
– la riduzione del numero dei ricoveri impropri negli ospedali per acuti;
– la riduzione della durata di degenza dei ricoveri grazie alla presenza sui territori di una rete efficace ed efficiente di servizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani e ai disabili.
Anche la Puglia per assistere al meglio una popolazione sempre più vecchia infatti ha pianificato la sua spesa sanitaria finanziando e potenziando soprattutto le reti di assistenza territoriale. Una persona anziana non più autosufficiente si è ritenuto di curarla a casa sua piuttosto che non in ospedale perché in questo modo si riteneva di evitare anche il rischio di esposizione a batteri e virus portati da altri pazienti.
Si è deciso infatti di portare al domicilio del paziente sia le cure di riabilitazione che quelle palliative e di realizzare forme di ospedalizzazione a domicilio con personale specializzato evitando al paziente di muoversi e di affrontare il disagio di recarsi in ospedale. Il criterio secondo cui è possibile fornire al malato un’alternativa al ricovero non ha riguardato però solo gli anziani perché ben presto si è provveduto ad estenderlo a tutta la popolazione. Poter infatti fare gli esami in laboratori sparsi sul territorio e restare a casa nel mentre che si attendono i risultati è stata considerata infatti una scelta preferibile, anche da un punto di vista sanitario, al ricovero in ospedale.
Un ospedale piccolo sotto casa è stato pertanto ritenuto non più sicuro, in quanto spesso privo delle attrezzature e del personale che consentono di attuare cure moderne e tempestive. L’idea che si è affermata è stata quindi quella di creare da un lato un limitato numero di grandi centri ospedalieri dotati di tutte le attrezzature necessarie e dall’altro di implementare una rete territoriale di servizi per evitare dove possibile il ricovero in ospedale. E’ da sottolineare però che molto spesso tale rete si è rivelata inefficiente ed inefficace ed in alcuni casi addirittura fallimentare per cui molti malati sono rimasti in casa senza assistenza e senza cure.
I nodi della sanità venuti al pettine in questi giorni ed i problemi vissuti in tutte le regioni italiane compresa la Puglia a seguito della diffusione del coronavirus mostrano come le scelte fatte negli anni passati dallo Stato sono sbagliate.
Passata l’emergenza il Governo Italiano dovrà immediatamente rivedere e ripensare le politiche e le strategie a sostegno della salute pubblica. Se la salute dei cittadini è al primo posto come in questi giorni non si sono stancati di affermare tutti gli esponenti politici nazionali sarà necessario realizzare immediatamente una nuova pianificazione ospedaliera, bloccare i tagli ancora in atto, aumentare i posti letti, creare nuove terapie intensive e posti di rianimazione, ripristinare laboratori di analisi e di diagnostica, avviare innovativi modelli di servizi sociosanitari, disporre di maggiore personale sanitario, assicurare una più efficiente e sistematica assistenza domiciliare e non per ultimo investire significative risorse nella ricerca scientifica.
In considerazione delle emergenze verificatesi a seguito della diffusione della pandemia da coronavirus anche la Regione Puglia dovrà provvedere a rivedere molte scelte sbagliate fatte negli anni passati riconsiderando l’importanza e l’utilità di molti ospedali chiusi, compreso quello di Nardò, che dovranno essere riaperti e ridestinati nell’ambito di uno strategico piano a far parte di una nuova e più efficiente rete ospedaliera regionale dotata di laboratori attrezzati per la diagnostica ma anche di risorse umane e tecnologiche in grado di fare ricerca. Riteniamo che a tal fine sia necessario da parte di tutte le forze politiche e sociali avviare un confronto serrato immediato con il Governo regionale. La pandemia che stiamo vivendo ci insegna che è necessario disegnare e realizzare con urgenza un nuovo modello di sanità regionale.
Rino Dell’Anna Italia Viva Nardò