Un 35enne al mattino. Muore improvvisamente, senza preavviso alcuno. Un malore fulminante. Nel pomeriggio un altro giovane uomo, 31enne, stroncato da una malattia implacabile. Lasciano entrambi una scia di dolore. Palpabile, concreta. Sui balconi, in memoria e segno di preghiera, si accendono candele e lumini.
Sono ritornati nel cuore di Dio nello stesso giorno ma in modo differente ed opposto: Fabrizio dopo tanto soffrire;
Stefano in un secondo.
La città di Nardò – che sta vivendo (come tutta la nostra amatissima Patria) settimane drammatiche, e probabilmente altre dovremmo viverne così tristi e surreali – questa mattina si è svegliata con la triste notizia di Stefano e, ancora frastornata ed incredula, ha dovuto accogliere, nel pomeriggio, l’altrettanto triste e dolorosissima notizia di Fabrizio.
Poco prima di mezzogiorno, chiamato dai familiari, ho pregato il Signore per Stefano tra le lacrime, lo sconforto, lo strazio, l’incredulità in un clima irreale: guanti, mascherine, distanze tra le poche (per rispetto della Legge) persone presenti – i familiari -.
Non toccare! Non accarezzare! Non baciare!
Non sarò mai capace di descrivere ciò che i miei occhi e le mie orecchie hanno visto e sentito. I volti dei genitori, la mamma specialmente, della moglie e dei familiari tutti li custodirò sempre nel mio cuore.
Non vi dimenticherò!
Come non dimenticherò i genitori di Fabrizio e sua sorella.
Fabrizio era un grande tifoso del Nardò Calcio.
Voglio raccontarvi questa breve storia perché mi emozionò già allora.
Era domenica 14 giugno 2015. Operava da pochi mesi sul nostro territorio l’associazione nazionale Fondazione ANT Italia e di quella associazione ero e sono volontario.
Stavamo organizzando una raccolta fondi e ci venne l’idea di chiedere la collaborazione alla Società Sportiva del Nardò Calcio che subito accettò e offrì una sua maglia: la n° 10. Noi volontari prima della partita offrimmo dei biglietti a tutti i tifosi ed anche Fabrizio, che era a casa, fece la sua offerta e mi disse: “Mi piacerebbe tanto che fossi io a vincerla”.
Il mio amico kosovaro Manuell mi propose di prendere diversi biglietti perché voleva tanto donarla a Fabrizio se il fortunato fosse stato lui. La mano del bambino che estrasse il biglietto fece sorridere me e Manuell: pescò il n° 72 celeste (capii che aveva vinto Manuell perché sono nato nel ’72). Era proprio il numero estratto uno di quelli presi da Manuell. Quella stessa sera andammo a casa di Fabrizio a consegnarli la maglia. Gli occhi gli brillavano per la gioia. Ecco Fabrizio voglio ricordarti con quello sguardo. Non lo dimenticherò mai.
Domani alle 12:15 verrò al Camposanto per benedirti nel nome del Signore.
A-Dio Fabrizio,
A-Dio Stefano.
Don rì