I fossili di Nardò potranno dirci come si organizzavano e come si muovevano i più antichi abitanti del Salento. Al lavoro un team italo-canadese con un progetto di ricerca “partecipata” che sta dando risultati eccezionali.
Circa 70-75 milioni di anni fa (Cretaceo Superiore), il territorio che oggi costituisce la Puglia era un sistema di piccole isole. Le rocce che affiorano oggi a Nardò, in particolare, contengono informazioni sull’ambiente e il tipo di organismi che popolavano le coste di una di quelle isole. I fossili cretacei di Nardò attirano l’attenzione sia per la loro abbondanza che per la qualità di preservazione: non solo scheletri completi, ma anche tessuti molli mineralizzati come pelle e muscoli che difficilmente vengono fossilizzati. Una fonte di informazioni senza precedenti che contribuirà ad approfondire le conoscenze sulla vita passata nell’area mediterranea, consentendo confronti con altre località di età simile in tutto il mondo.
L’interesse scientifico per gli affioramenti cretacei di Nardò si è risvegliato qualche anno fa, durante lo studio sul primo rettile marino rinvenuto nell’area. I risultati di questo studio sono stati pubblicati nel 2018 sulla rivista Royal Society Open Science, ma già da prima l’attuale team di ricerca si è operato per avviare una collaborazione con il Museo della Preistoria di Nardò e individuare una nuova area di scavo. L’interesse del Museo ad implementare le conoscenze sui calcari cretacei è determinata dalle informazioni essenziali che essi apportano alla ricostruzione dell’evoluzione geo-ambientale del litorale neretino. Inoltre, per migliaia di anni, durante il Paleolitico, hanno costituito la principale riserva di materie prime utilizzate dai gruppi neandertaliani e sapiens per costruire manufatti destinati alla caccia e alle altre attività. Le caratteristiche geo-litologiche e la localizzazione degli affioramenti contribuiscono a ricostruire le modalità di organizzazione e la mobilità dei più antichi abitanti del Salento.
Gli sforzi congiunti dello staff del Museo della Preistoria diretto da Filomena Ranaldo, del team di ricerca italo-canadese, della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Province di Lecce, Brindisi e Taranto e delle autorità e comunità locali, hanno consentito di avviare nel 2019 un progetto di ricerca e valorizzazione dei fossili di Nardò con l’obiettivo di svelare la ricchezza di questo meraviglioso patrimonio scientifico e culturale. Il team di ricerca è guidato da Ilaria Paparella, con il supporto di Michael Caldwell dell’Università Alberta (Edmonton, Canada). A capo degli studi geologici Angelo Cipriani. Il laboratorio Caldwell al completo è recentemente stato a Nardò per la prima campagna di scavo che ha ufficialmente dato inizio al progetto “fossili di Nardò”.
Il sito di studio (che presto potrebbe diventare un “geosito”) è una cava in disuso che già in passato è stata luogo di ricerche e rinvenimenti. Grazie alla passione e alla dedizione di Giuseppe Agostino Manca e dell’attuale erede, Annalena Manca, la cava è stata salvaguardata negli anni e messa a disposizione a scopo di ricerca e valorizzazione per questo nuovo progetto. I lavori nel sito e la sua vicinanza al Museo della Preistoria e ai siti archeologici di Portoselvaggio consentiranno di creare percorsi educativi e turistici congiunti, arricchendo la ricchezza e l’interesse culturale nel territorio neretino.
In accordo con la Soprintendenza, i fossili raccolti durante i nuovi scavi andranno ad arricchire la collezione paleontologica del Museo della Preistoria di Nardò, dove saranno studiati e valorizzati. L’idea è quella di promuovere la rilevanza scientifica di questo patrimonio culturale neretino a livello internazionale e contemporaneamente costruire percorsi educativi e formativi tra museo e sito di scavo di cui potrà beneficiare prima di tutto la comunità locale. Non solo raccolta e studio di nuovi fossili, quindi, ma anche sensibilizzazione della comunità riguardo un bene finora sottovalutato. Il progetto mira a condividere con il pubblico la rilevanza dei fossili neretini, trasformando il sito di scavo in un laboratorio paleontologico all’aperto, direttamente collegato all’esposizione museale presso il Museo della Preistoria di Nardò.
La prima campagna di scavo si è rivelata di grande successo, con un numero impressionante di nuove scoperte tra cui pesci, frammenti di lucertole e una tartaruga completa di guscio, arti e tessuti molli mineralizzati. Notevole anche il rinvenimento di invertebrati. Ai nuovi reperti vanno aggiunti i circa 50 esemplari fossili già conservati nel Museo della Preistoria, la maggior parte dei quali è ancora da riesaminare anche alla luce dei nuovi ritrovamenti. Una quantità di materiale che alimenterà le ricerche scientifiche per anni e che incita il gruppo di lavoro a continuare questo progetto con ottimismo ed entusiasmo.
“Il Museo della Preistoria – spiega l’assessore all’Ambiente e ai Musei Mino Natalizio – sta mettendo in campo un modello di “ricerca partecipata”, con e attraverso la comunità e il territorio. I fossili e tutto quello che ci racconteranno, sono un patrimonio comune, che va oltre gli scopi squisitamente scientifici e divulgativi. Una prospettiva che è in linea con gli obiettivi di valorizzazione che ha il Distretto della Preistoria. Senza dimenticare il fermento che tutto questo comporta, le visite e la permanenza sul territorio dei ricercatori stranieri, l’attenzione della stampa specializzata e la curiosità anche dei non addetti ai lavori”.