Nardò è una città colma di pagine di pietra, libri scolpiti che si raccontano in silenzio, sotto gli occhi di chi sa ascoltarne i segreti e ama scoprire le risorse del proprio territorio. Pagine scritte con l’inchiostro di protagonisti vissuti sul sentiero del passato, orme lasciate da piccoli uomini, a volte sconosciuti al grande schermo del mondo attuale. Una di queste pagine è stata scritta quattrocento anni fa, quattro secoli di storia passata sotto i ponti da quando un gruppo di frati del poverello di Assisi si insediò a Nardò, fondando un convento e una chiesa extra moenia, in periferia, come stabilivano e raccomandavano le costituzioni dei cappuccini. Era il 1569. Una scura bisaccia di iuta, “la sporta”, una lunga barba incolta, svolazzante, un saio ruvido, austero, “ti pannu ecchiu, strazzatu”, il crocifisso, le figurine dei santi e la madonna. Facevano la spola ogni giorno tra il centro e la periferia, a piedi. Passavano per “la cerca”, la questua. Il viso basso, sprofondato nel cappuccio, il rosario avvinghiato tra le mani. Prendevano tutto: fichi, legumi, verdura, noci, qualche tozzo di pane, avanzi, né carne, né uova, né denaro. In cambio lasciavano il saluto tipico francescano “pace e bene”, lo sussurravano come un augurio, come una promessa. Erano nati proprio per questo i cappuccini, per un ritorno alle origini, alle radici francescane. Eremiti, ma tra la gente. Austeri e fedelissimi a madonna povertà, ma a servizio del prossimo, a disposizione degli ultimi nella classifica delle caste sociali, degli emarginati e dimenticati. Questi frati con il cappuccio lungo e aguzzo si insediarono a Nardò su richiesta del duca della città, Giovan Bernardino II Acquaviva d’Aragona il quale, “pro benefitio suam animam” e poiché “dictam religionem capuccinorum diversam est”, offrì ai frati un terreno per la costruzione ex novo di un convento e di una chiesa. Il convento fu costruito piuttosto piccolo, umile, basso, con materiali poveri, conci di tufo, calce mescolata con la terra “per non somigliare ai palazzi dei ricchi”, come aveva raccomandato Francesco. All’interno di tale insediamento la comunità cappuccina visse la Regola francescana, la vita quotidiana scandita dal lavoro e dalla preghiera, il servizio verso gli altri, l’impegno con la propria testimonianza nel contesto cittadino, in un’epoca segnata da ingiustizie, carestie e contraddizioni sociali. Anche la chiesa fu costruita rispettando le rigide indicazioni delle costituzioni cappuccine e seguendo un modello architettonico prestabilito per tutti gli insediamenti cappuccini: piccola e proporzionata, agli antipodi dell’imponente, del raffinato, povera, a una sola navata, senza fregi di illustri famiglie, niente altari privilegiati, solo lo stemma francescano. Unico gioiello il tabernacolo ligneo, pregiato e artistico. Ogni elemento, sia del convento che della chiesa, doveva richiamare quel filone artistico noto tra gli studiosi come stile cappuccino, bellezza della povertà.
Dal 1569 al 1866 i cappuccini svolsero sul territorio neretino attività di apostolato, dedicando tempo e cure agli ammalati, alle famiglie in difficoltà, alla conversione e alla diffusione tra il popolo delle devozioni vissute dall’Ordine: l’Eucarestia, gli angeli, la madonna, i santi francescani. Poco dediti allo studio, ma lesti nella carità e nella solidarietà, rappresentarono per il popolo neretino un segno tangibile di testimonianza francescana. Francesco d’Assisi, con i suoi ideali evangelici, abitò a Nardò attraverso l’operato di questi frati che, con la campanella, rattoppati e con calzari provvisori, richiamavano sul sagrato i fedeli, diffondendo speranza e letizia nelle case, per le campagne circostanti, per i vicoli della città. Vivevano di elemosina e preghiera, lavoravano l’orto e svolgevano le faccende quotidiane. Presso il loro convento e la loro chiesa bussavano ogni giorno i poveri ai quali offrivano sostentamento materiale e spirituale, un letto pronto e il fuoco acceso, accoglienza e ricovero nella foresteria del convento. Numerosi, e citati nelle antiche cronache cappuccine, sono i frati illustri, e famosi per eventi straordinari compiuti, che abitarono nel convento di Nardò, umili seguaci di Francesco d’Assisi, minuscole vite protagoniste di grandi eventi.
I frati cappuccini furono presenti a Nardò fino al 1866, anno delle definitive soppressioni degli Ordini religiosi. Il loro convento, di cui in questo anno 2019 ricorrono i 450 anni dalla fondazione, fu quasi totalmente demolito nel 1959 ad opera della curia vescovile del tempo con delibera dell’amministrazione comunale coeva. Di quel complesso, composto da 27 celle, refettorio, orto con chiostro, cucina e officine, foresteria, biblioteca, oggi restano solo 9 cellette e l’appezzamento di terreno, adiacente al seminario diocesano, in degrado, appezzamento su cui sorgeva l’originario convento dei cappuccini, emblema irripetibile di quel messaggio eterno e sempre attuale che è Francesco d’Assisi.
Rosi Fracella