Domani, venerdì 30 novembre, sarà intitolata a mons. Alfredo Spinelli la piazzetta adiacente l’ingresso laterale della Basilica Cattedrale (oggi piazzetta Calvario). Per iniziativa della parrocchia di Maria SS. Assunta, infatti, questo spazio sarà dedicato al nome e alla memoria della figura di colui che è stato arciprete della cattedrale per quasi cinquant’anni. Ci sarà alle ore 18 una messa di suffragio presieduta da Sua Eccellenza mons. Fernando Filograna e a seguire la cerimonia di intitolazione alla presenza anche dei rappresentanti dell’amministrazione comunale, che si concluderà con l’esecuzione di brani musicali ad opera della Cittadella dei Ragazzi.
Cosimo Fedele Alfredo Spinelli nacque a Matino nel 1924 e completò gli studi nel seminario diocesano di Nardò e in quello regionale di Molfetta. Fu ordinato presbitero nel 1946 e cancelliere della curia dal 1947 al 1949. Il 19 novembre 1949 fu nominato arciprete della Cattedrale, mentre nel 1966 fu insignito del titolo onorifico di cappellano di Sua Santità e nel 1971 di quello di prelato d’onore. Resse la parrocchia fino all’11 giugno 1999. I neretini lo ricordano per la bontà d’animo, la lungimiranza, la saggezza e la capacità di stare sempre in mezzo ai fedeli. Fu una figura sempre molto attenta alle relazioni interpersonali e alla cura pastorale di giovani e giovanissimi. Un punto di riferimento che la città ricorda sempre con affetto. Morì a Nardò il 16 febbraio 2007.
L’opera del calvario resterà ovviamente al suo posto e l’origine di quella denominazione merita di essere ricordata. Nel 1918, durante la prima guerra mondiale, infatti, il vescovo di Nardò mons. Giannattasio invocò la pace chiedendo a Dio che i militari neretini e di tutta la diocesi tornassero sani e salvi dal fronte. A questo proposito coinvolse le donne e gli uomini di Nardò che avevano parenti in guerra in quello che fu un vero e proprio atto penitenziale: trovare e trasportare dalle campagne delle pietre idonee alla costruzione di quell’opera artistico/religiosa che è appunto il calvario. È importante che questa storia e la memoria della sofferenza non si perdano, perché hanno animato la comunità neretina in un momento cruciale della storia del Paese.