LETTURE D’ESTATE: “A FRANCO SAREBBE PIACIUTO”

Un’estate di letture e incontri con gli autori, a Nardò, dal 14 luglio al 18 agosto 2017.A Franco sarebbe piaciuto” (edizione 2017), è la rassegna dedicata agli autori e ai lettori.. Sei incontri, sei scrittori che presenteranno i loro romanzi, tra esordi e conferme d’autore: Antonio Rocco Corvaglia, Antonella Caputo, Luigi Pisanelli, Omar Di Monopoli, Alessandro Bozzi, Livio Romano. Gli appuntamenti, tutti con orario di inizio alle ore 21.00, si terranno a luglio presso il B&B “Antica Dimora”, e, nel mese di agosto, presso il bar “Il Melograno” – Caffè Teatro.

La rassegna “A Franco sarebbe piaciuto”, dedicata al giornalista Franco De Pace, scomparso nel 1998, è organizzata dalla libreria “I Volatori”, con il coordinamento di Loredana Giliberto, in collaborazione con il B&B “Antica Dimora”, il bar Caffè Teatro “Il Melograno”, Musicaos Editore.

Primo appuntamento venerdì 14 Luglio 2017, alle ore 21.00, presso il B&B “Antica Dimora” (Nardò, Via Pellettieri 10), Loredana Giliberto dialogherà con Antonio Rocco Corvaglia, autore de “L’amore è un’altra cosa”. A seguire tutti gli altri appuntamenti, previsti fino al 18 agosto 2017. Venerdì 21 luglio alle 21.00, sarà la volta di Antonella Caputo, che con Loredana Giliberto presenterà il suo romanzo d’esordio “Senza biglietto di ritorno” (Italic Pequod).  Venerdì 28 Luglio (ore 21.00), Luigi Pisanelli presenterà, con l’editore Luciano Pagano, “Tornerà la lepre a Buna”. Gli appuntamenti proseguono, in agosto, presso il bar “Il Melograno – Caffè Teatro”.

Sabato 5 Agosto 2017, alle ore 21.00, Omar Di Monopoli, autore del romanzo  “Nella perfida terra di Dio” (Adelphi), dialogherà con lo scrittore Livio Romano. L’11 agosto 2017, alle ore 21.00, Alessandro Bozzi presenterà il suo romanzo giallo “La libertà danza tra gli ulivi”, dialogando con Luciano Pagano. La rassegna si concluderà venerdì 18 agosto, alle ore 21.00, con il romanzo “Per troppa luce”, di Livio Romano, edito di recente da edizioni Fernandel, l’autore ne parlerà assieme allo scrittore Giuse Alemanno.

INFORMAZIONI

LIBRERIA “I VOLATORI” · NARDÒ · via Pellettieri, 19 · tel. 0833.56.70.63

B&B “ANTICA DIMORA” · NARDÒ · via Pellettieri, 10 · tel. 328.538.8578

“IL MELOGRANO” (Caffè Teatro) ·NARDÒ · via Pellettieri, 22 · tel. 380.794.7324

MUSICAOS EDITORE  · www.musicaos.org · info@musicaos.it – 0836.618232

 

Venerdì 14 Luglio 2017 – Ore 21.00

“L’amore è un’altra cosa” (Musicaos Editore) di Antonio Rocco Corvaglia

dialoga con l’autore: Loredana Giliberto

presso B&B “Antica Dimora” – (via Pellettieri 10 – Nardò)

 

“C’è un’energia selvaggia e sbrigliata, dentro a questo romanzo di Antonio R. Corvaglia. C’è una spontaneità, nello srotolare una storia di sentimenti e passioni e fughe e ritorni, che nel leggerlo non ho potuto fare a meno di aderire ai moti interiori di un protagonista il quale conduce la narrazione un po’ per aforismi, un po’ per pennellate decise che dicono di notti picaresche, di rock e velocità e repentini cambi di quella rotta sentimentale che forse unica è in grado di regalare alla nostra esistenza il colore e la gioia di esserci.” Livio Romano

“Elisa e i suoi quarant’anni che bussano alla porta insieme a piccole rughe d’espressione inattese, insoddisfazioni taciute e sogni forse mai realizzati, con addosso la sensazione che una vita non sia abbastanza. Suo marito Andrea ama e ha amato sempre e solo lei, perfino adesso che Elisa lo sta lasciando. Lei dice di voler andare via per liberare il caos che da dentro la rende inquieta e insoddisfatta; andrà a vivere al nord, lontano dal mare turchese e dalle vecchie abitudini. E così in un attimo al diavolo gli anni trascorsi felicemente insieme, due figlie belle da fare invidia, la casa affacciata sul mare d’Otranto e accarezzata dal libeccio pugliese, le notti di passione consumate a lume di una candela. Se è vero che tutto ha un inizio allora è vero anche che tutto può finire, persino l’amore, ammesso l’abbiano mai provato davvero… Più che un romanzo L’amore è un’altra cosa assomiglia a un monologo fiume, un flusso disordinato di pensieri intervallato da ricordi del passato e frammenti di un presente nebuloso in un cui un matrimonio va in frantumi. Uno Zibaldone sull’amore e i suoi tormenti, e su come cercare inutilmente di evitarlo per poi trovarcisi immersi sino alla gola. “(…) La vita è così: si nasce, si muore e in mezzo è tutto un casino”, ed è in questo caos informe e indefinito in cui ogni sera il piacere ha un volto e un nome diverso e il futuro appare sfocato e incerto che si ritrovano Andrea ed Elisa. Naufraghi in mezzo al mare dei sentimenti, in attesa di una scialuppa di salvataggio che non arriva. Una scrittura non immediata ma intessuta di aforismi e deliri sonori quella di Antonio Corvaglia, esordiente classe 1957, pugliese di Spongano. Una lettura non facile quindi, di quelle che arrivati all’ultima pagina non sai con certezza se ti abbia convinto davvero o meno (ma forse non è questa la cosa più importante), adatta ai meno tradizionalisti in cerca di uno sfogo sincero e senza pretesa di un lieto fine.” Sabrina Glorioso, Mangialibri

Antonio R. Corvaglia nasce a Spongano il 12 agosto del 1957, anno di un decennio, l’ultimo forse, in cui si partoriva ancora in casa. Ospedali e cliniche hanno poi cancellato e omologato l’unicità di un luogo identitario dai documenti anagrafici. “L’amore è un’altra cosa” è il suo libro d’esordio.

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Venerdì 21 Luglio 2017 – Ore 21.00

“Senza biglietto di ritorno” (Italic Pequod) di Antonella Caputo

dialoga con l’autrice: Loredana Giliberto
presso B&B “Antica Dimora” – (via Pellettieri 10 – Nardò)

“Perché non c’è un occidente dove si possa vivere tutti insieme come in un sogno islamico, senza rinunce e sofferenze e gelosie rabbie risentimenti e voglia omicida? Io vivrei così. Amerei persino lei, se si potesse.”

A parlare è Isabella, quarantun anni, separata, madre di due figlie e innamorata di un uomo sposato. La sua vita, un subbuglio di passione e trasporto intellettuale, di ricerca della se stessa più autentica e di cocenti disinganni, pure se Isabella è felice così. Fino a quando un evento tragico rischia di minare questa rapita euforia, di farla scendere per sempre dalla giostra.

Tra flashback sulla sua infanzia solitaria e le enormi difficoltà della maturità, tra fragori sentimentali e fughe da parte dell’amante, tra esperienze che le permettono di evadere dalla quotidianità e riflessioni esistenziali: Isabella, alla fine del suo cammino, trova un centro, indipendentemente da lui. Una storia a volte brillante, altre volte languida, altre ancora disperata e smarrita. Un romanzo su un’eroina minore dei nostri giorni nel quale molte donne possono riconoscersi.

Antonella Caputo è nata a Brescia e vive da sempre a Galatina (LE), dove insegna. Collabora con la rivista letteraria «A Levante» ed è autrice di diversi racconti, fra cui Balsamo, con il quale è stata designata da una commissione di scrittori di fama internazionale come vincitrice del concorso nazionale “Storie lampanti”, pubblicato nell’omonima antologia da Lupo editore; è prima classificata al “Premio nazionale ed internazionale di poesia e prosa Città del Galateo”, con Il mostro; è vincitrice della II e della III edizione del “Premio Letterario LCE” indetto da Laura Capone editore con Ci vorrebbe un orfanotrofio per le cose che nessuno desidera più e Il tempo sta in una scritta sul muro, inseriti nelle antologie omonime.

Questo è il suo romanzo d’esordio.

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Venerdì 28 Luglio 2017 – Ore 21.00

“Tornerà la lepre a Buna” (Musicaos Editore) di Luigi Pisanelli

dialoga con l’autore: Luciano Pagano
presso B&B “Antica Dimora” – (via Pellettieri 10 – Nardò)

“Mi chiamo Alberto, ma gli amici mi chiamano Bart”. Si può scrivere la fotografia di un’epoca appena trascorsa, gli anni Novanta e i primi anni Duemila, mettendoci dentro tutti i sogni, le aspirazioni, i viaggi, le fughe insperate verso l’orizzonte? Alberto frequenta lʼuniversità a Bologna, ma prima ancora di approdare nella città capoluogo dellʼEmilia “e” Romagna, avrà vissuto la sua adolescenza in compagnia degli amici di una vita, quelli del bar Vento, ai quali si aggiungono gli avventori e le comparse più o meno seriali di un crocevia esistenziale, tra il paese e il mare, tra la campagna “e il west”.

“Tornerà la lepre a Buna” è un romanzo caleidoscopico, un romanzo “di formazioni”, dove le storie di un gruppo di ragazzi si intrecciano in una Terra di Mezzo geografica che è anche un’età di passaggio, dalle strade tortuose del Salento, percorse a bordo di Califfoni d’annata e automobili sgangherate, fino ai corridoi silenziosi delle biblioteche di Bologna, dai centri di accoglienza per giovani immigrati, alle feste notturne, tra i fumi della nebbia e le nebbie di fumo nei pub dei portici, passando per la Provenza, Modena, la Spagna e le letture, interminabili, di autori che hanno influenzato generazioni di esploratori.

“Anch’io amo la natura, gli alberi e la pioggia, e aspetto, con un presentimento di gioia, il tempo che verrà. Mi piace stare al finestrino, vedere l’enorme spettacolo. Amo la strada, il viaggio. Facciamo un po’ di strada insieme?”

Alberto ricorda e racconta, tiene insieme i fili di una trama infinita, anche quando accadono gli eventi più imprevedibili ed è impossibile, per i lettori, non rivivereciò che può essere accaduto anche a loro.

Luigi Pisanelli ci fa vivere on the road con Karl, Jack, Alberto, Sara, Max, Maurizio, il Pincio, Silvano, il Cobra, Tommaso, lo Zio, raccontando un mondo attraverso suoni, sensazioni, emozioni, visioni, ricordi, musica, e film, in un romanzo dove una volta entrata la totalità dellʼuniverso ciò che ci viene restituito è il ritmo sincopato della vita.

“Tornerà la lepre a Buna” risponde, con fantasia e malinconia, a una domanda fondamentale, quella secondo cui non si può dare il racconto di una gioventù ideale (o idealizzata) se questo, oltre che a essere veridico, non risulta, allo stesso tempo, stupendamente epico.

Luigi Pisanelli, nato a Casarano nel 1976, vive e lavora a Parabita (Le). Ama la natura, i cani, i buoni libri, la musica che fa prendere alla vita il verso giusto, ama cucinare e, infine ama la solitudine, a tratti intervallata dalla migliore delle compagnie possibili in questo mondo.

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Sabato 5 Agosto 2017 – Ore 21.00

“Nella perfida terra di Dio” (Adelphi) Omar Di Monopoli

dialoga con l’autore: Livio Romano

presso “Il Melograno” – Caffè Teatro (via Pellettieri 22 – Nardò)

 

Da tempo, al nome di Omar Di Monopoli ne sono stati accostati alcuni altri di un certo peso: da Sam Peckinpah a Quentin Tarantino, da William Faulkner a Flannery O’Connor. Per le sue storie sono state create inedite categorie critiche: si è parlato di western pugliese, di verismo immaginifico, di neorealismo in versione splatter. Nonché, com’è ovvio, di noir mediterraneo. Questo nuovo romanzo conferma pienamente il talento dello scrittore salentino – e va oltre. Qui infatti, per raccontare una vicenda gremita di eventi e personaggi (un vecchio pescatore riciclatosi in profeta, santone e taumaturgo dopo una visione apocalittica, un malavitoso in cerca di vendetta, due ragazzini, i suoi figli, che odiano il padre perché convinti che sia stato lui a uccidere la madre, una badessa rapace votata soprattutto ad affari loschi, alcuni boss dediti al traffico di stupefacenti e di rifiuti tossici, due donne segnate da un destino tragico, e sullo sfondo un coro di paesani, di scagnozzi, di monache), Omar Di Monopoli ricorre a una lingua ancora più efficace, più densa e sinuosa che nei romanzi precedenti, riuscendo a congegnare con abilità fenomenale sequenze forti, grottesche e truculente in un magistrale impasto di dialetto e italiano letterario – sino a farla diventare, questa lingua, la vera protagonista del libro.

Dopo aver lavorato per un decennio come redattore e grafico all’interno di numerose piccole realtà editoriali del Salento, dove vive, si è affacciato nel panorama culturale nazionale nel 2007 entrando a far parte del catalogo di autori delle edizioni milanesi ISBN. Il suo primo romanzo “Uomini e cani” – opzionato dal regista Fabrizio Cattani che ne sta realizzando una versione cinematografica con Sergio Rubini protagonista – s’impernia sulle vicende di un gruppo di sfollati pugliesi costretti ad abbandonare le proprie abitazioni abusive per lasciar spazio alla creazione di un parco naturale sul quale convergono grossi interessi politici e affaristici. Il romanzo, costruito per scene alla maniera di un’opera filmica, si caratterizza per l’utilizzo di un efficace impasto linguistico che innesta un italiano aulico e fortemente evocativo ad un dialetto assai onomatopeico e indefinito. La critica coniò per la particolare tipologia del libro la definizione di «western-pugliese», un’etichetta che lo stesso autore ha in seguito fatto propria riferendo delle influenze del cinema e della letteratura di genere e in particolare degli spaghetti-western nella sua produzione. L’anno successivo, nel 2008, l’autore ha dato alle stampe “Ferro e fuoco”, anche questa una storia corale ambientata stavolta tra i nuovi schiavi della raccolta nei campi dello sperone del Gargano. Anche in questo romanzo le commistioni con il linguaggio cinematografico d’impronta noir e western sono considerevoli e la prospettiva cruenta ed esasperata del primo romanzo si amplifica in una giustapposizione di registri. Il modello narrativo cui l’autore guarda con maggiore attenzione è il southern-gothic, tipica letteratura del sud degli U.S.A. che ha in William Faulkner e Flannery O’Connor i maggiori esponenti. Nel 2010 per la medesima casa editrice è uscito “La legge di Fonzi”, terzo capitolo di questa ideale trilogia neo-western che narra di vicende ambientate in un paesino fittizio del brindisino stretto tra le maglie della Sacra Corona Unita. Come per i due libri precedenti, l’autore predilige la mescolanza di più filoni cercando di raccontare in chiave iperbolica un meridione inaspettato e mai oleografico, del tutto antitetico rispetto all’iconografia da cartolina promossa dalle associazioni turistiche. La chiave di lettura sociale si fonde con il ritmo della letteratura pulp proponendo un’opera dalla doppia valenza: un puro prodotto d’evasione da una parte e una riflessione sulle perenni problematiche di un mezzogiorno mai davvero affrancatosi dalla questione meridionale dall’altra. Anche di questo libro sono stati ceduti i diritti di sfruttamento cinematografico e il TorinoFilmLab ne ha inserito il trattamento all’interno di un programma di lavoro, affidando alla giovane regista Gaëlle Denis le sorti della pellicola attualmente in fase di pre-produzione Nel 2014 pubblica la raccolta di racconti “Aspettati l’inferno”, sorta di rollercoaster letterario in cui l’autore pugliese gioca coi generi descrivendo la sua terra con toni ora lirici ora divertiti: l’avventura, l’horror, il gotico, la fiction storica e quella fantascientifica si affacciano tra le pagine di questa composita antologia, portando avanti in dieci scoppiettanti novelle quel discorso di desacralizzazione dell’immagine tutta sole, vento e incanto che caratterizza il Mezzogiorno per focalizzare l’attenzione sulle sue molteplici contraddizioni. Il paese descritto in questo libro è un’immensa periferia cresciuta all’ombra dell’abusivismo più bieco, impantanata tra la brutalità delle mafia e i miasmi degli impianti siderurgici, popolata da gangster d’accatto, fattucchiere di provincia, pescatori albini, eremiti pazzoidi e persino gigantesci lombrichi mutanti. “Uomini e cani” ha vinto la 9ª edizione del Premio Letterario Edoardo Kihlgren Città di Milano 2008, che è stato assegnato all’autore il 19 maggio al teatro della Barona, Milano. Da allora l’autore non ha mai smesso di pubblicare racconti e articoli su riviste, antologie e siti letterari, ha collaborato come soggettista con il produttore Edoardo Winspeare ed ha scritto il radiodramma L’Uomo Termoionico per Radio Rai3.

Nel 2016 l’autore ha ufficializzato il suo passaggio presso la casa editrice Adelphi con il romanzo “Nella perfida terra di Dio.”

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Venerdì 11 Agosto 2017 – Ore 21.00

“La libertà danza tra gli ulivi” (Musicaos Editore) di Alessandro Bozzi

dialoga con l’autore: Luciano Pagano

presso “Il Melograno” – Caffè Teatro (via Pellettieri 22 – Nardò)

 

C’è un uomo che è stato ucciso brutalmente, con un coltello da cucina.

C’è una giovane studentessa, Aurora Melissano, che studia a Gorizia e che attende di essere processata per questo orrendo omicidio. Aurora ha una sorella gemella, Ginevra, che vive nel Salento, insieme alla madre.

C’è un giovane avvocato, Raffaele Conti, alla sua prima difesa importante, che dopo una relazione amorosa di sette anni è stato appena abbandonato da Marta.

Raffaele è solo, disorientato, senza la minima idea di come si possa evitare l’inevitabile condanna per la sua assistita.

La violenza e la colpa di questo delitto sono sotto gli occhi di tutti. Soltanto la terra, gli ulivi e il destino, tuttavia, non hanno ancora scritto l’ultima parola su questa storia.

“Un senso di ribrezzo, marcato a tal punto da temere il conato di vomito, mi salì nel vedere la rappresentazione fotografica del luogo del delitto. La foto era a dir poco raccapricciante: si coglieva nitidamente il cadavere di un uomo sulla sessantina, riverso in una pozza di sangue, con il corpo dilaniato e sfigurato da un numero spropositato di colpi d’arma da taglio. Tutt’intorno al cadavere, era tratteggiata con del nastro isolante la sagoma del corpo, con delle lettere alfanumeriche ad indicare le varie tracce individuate dalla scientifica.”

Francesco Caringella, nella prefazione scritta per questo romanzo, scrive: “Il romanzo di Alessandro Bozzi, al suo esordio, rispetta la legge hemingwayana dell’empatia tra autore e lettore, grazie a una scrittura vivida e fertile abbinata a una trama avvincente e perfettamente architettata” e ancora “ll lettore entra dentro le pagine, diventando protagonista di una vicenda umana che diventa la sua vicenda. Il romanzo è allora un film, da gustare con tutti i sensi, in un gioco di specchi, di incanti”.

La libertà danza tra gli ulivi” è il titolo del primo, avvincente, romanzo di Alessandro Bozzi, pubblicato da Musicaos Editore nella collana “Le citrine”, dedicata al giallo e alla scrittura noir d’autore.

Alessandro Bozzi è nato a Zug (Svizzera) nel 1984, da padre salentino e madre veneta. Da piccolo si trasferisce in Friuli Venezia Giulia. Diplomato al liceo classico “Dante Alighieri” di Gorizia, è laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Trieste. La predilezione per gli studi in materia di diritto penale e vittimologia lo portano a conseguire il dottorato di ricerca in Criminologia a Lugano, con una tesi sulla “violenza di genere”. Nel 2016 diviene Avvocato. Arbitro di pallavolo del ruolo regionale presso la Fipav F.V.G., impartisce lezioni teorico-pratiche di “pizzica pizzica” nel Triveneto. L’amore per questa danza gli è valso l’appellativo di “Pizzicarello”, con il quale viene designato sia a Nord che nel profondo Sud.

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Venerdì 18 Agosto 2017 – Ore 21.00

“Per troppa luce” (Fernandel) di Livio Romano

dialoga con l’autore: Giuse Alemanno

presso “Il Melograno” – Caffè Teatro (via Pellettieri 22 – Nardò)

 

Un professore universitario, il proprietario di una tv locale e un ricco medico ingaggiano l’architetto portoghese Francis Arrangiau perché progetti nel Salento un colossale parco tematico finanziato per intero da fondi pubblici. C’è da abbattere la masseria in cui vivono centinaia di immigrati e imbastire una ragnatela di carte false.

Antonio è un ispettore del lavoro e Simona un avvocato. Si incontrano, si innamorano, si lasciano. Entrambi, però, e per vie diverse, si ritrovano coinvolti nella battaglia contro il comitato d’affari. Attorno a loro si muove una folla variopinta di personaggi: una principessa araba, un ricercatore precario gigolò per sopravvivere, l’ex consigliera del dittatore Ceaușescu, un pm geniale, uno psicologo arraffone, scrittorini oscuri quanto vanitosissimi e un gran numero di trentenni plurilaureati che accettano miseri lavori nella comunicazione pur di non emigrare.

Sullo sfondo di una provincia italiana sfrenatamente libertina, Per troppa luce è una commedia grottesca con un colpo di scena drammatico, in cui l’impegno civile è un modo per dare un senso duraturo alla propria esistenza e lasciare una traccia di sé.

2010, Neripoli, Salento. L’ingegner Nardelli (mica tanto ingegnere, visto che non ha mai dato gli ultimi esami che servivano per prendere la laurea) è il proprietario di una rete locale, ma non è contento dello status quo e ha un’idea per svoltare: fondare una web tv, dotare la città di una rete wi-fi gratuita e fare in modo che ognuno abbia una di quelle diavolerie di tablet che spopolano oggi, quello è il futuro, gli inserzionisti pagheranno l’iradiddio. Le cose non vanno come pensa, le visite e le entrate pubblicitarie scemano, i tablet importati da Taiwan si rivelano dei catorci e allora per rientrare della scoppola economica si lascia coinvolgere in un affare ben più grosso. Il suo referente politico, il dottor Amari, direttore generale della Asl ed esponente della destra sociale in predicato di entrare in Parlamento (talmente di destra da aver chiamato la figlia Aquila Sabauda Fascista) e il professor Caraccio della Antiqua Universitas Neripolensis – un omaccione à la Gerard Depardieu coi capelli biondi di Enzo Paolo Turchi – hanno in mente di costruire proprio lì, nelle campagne sperdute e arse dal sole, un gigantesco parco tematico il cui progetto verrà affidato al misterioso architetto portoghese Francis Arrangiau, considerato un vero guru del settore. Con un investimento irrisorio, la protezione politica di Amari, i terreni di Nardelli e l’impiego degli studenti dell’università di Caraccio riusciranno a tirare su dal nulla l’imponente Parco Messapico, una ricostruzione fedele di un villaggio dei loro antenati millenari con l’aggiunta però di villette di lusso, casinò e divertimenti di ogni sorta per turisti ricconi. Il problema è che la masseria sita sul terreno di Nardelli è stata occupata dai braccianti irregolari che lavorano nelle campagne di Neripoli, vittime della decennale piaga del caporalato. A mettere i bastoni tra le ruote allo strano gruppo di affaristi interviene l’avvocatessa Simona Marris, una donna bellissima e tenace, che sul fronte privato sta vivendo una storia fatta di passione e abbandoni col consulente del lavoro Antonio Congedo, un amore che consumano nella di lei casa di campagna ribattezzata col nome omericamente esotico di “Ogigia”, sempre sul filo del rasoio e col rischio di bruciare “per troppa luce”… (Giulio Papadia, Mangialibri)

Livio Romano è nato nel 1968 a Nardò, in provincia di Lecce, dove vive. Insegna italiano agli stranieri. Ha esordito con tre racconti in Sporco al sole a cura di Michele Trecca, Gaetano Cappelli ed Enzo Verrengia (Besa Booksbrother, 1998) e con un racconto in Disertori (Einaudi), a cui sono seguiti i romanzi Mistandivò (Einaudi, 2001), Porto di mare (Sironi, 2002) e Niente da ridere (Marsilio, 2007), il saggio Da dove vengono le storie (Lindau, 2000) e il lungo reportage dalla Bosnia Dove non suonano più i fucili (Big sur, 2005).

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