IL COMITATO DI SANTA MARIA AL BAGNO A DIFESA DELLA MARINA E DEL GIARDINO DELLA MEMORIA DAL PROGETTO IDROVOLANTI ETS
Come presidente del Comitato di Santa Maria al Bagno a difesa della marina e del Giardino della Memoria composto di cittadini residenti o villeggianti a Santa Maria al Bagno e quale donante, insieme a mio padre, odierno ricorrente, delle piante che costituiscono il Giardino della Memoria dei sopravvissuti della Shoah prendiamo atto dell’ordinanza depositata oggi presso il Consiglio di Stato che di fatto dà il semaforo verde all’inaugurazione del terminal di idrovolanti e ne rispettiamo il dettato.
Il Consiglio di Stato (sez. IV) ha evidenziato che l’appello “non presenta apprezzabili elementi di “fumus boni juris” sia per quanto concerne la scelta della localizzazione dell’opera pubblica (terminal per idrovolanti) sia in ordine alla dedotta violazione delle garanzie procedimentali”, mentre pone “in disparte le eccezioni preliminari sollevate dal Comune di irricevibilità dell’appello e d’improcedibilità del ricorso di primo grado”.
Entrambi gli aspetti sul cosiddetto fumus boni juris sono interessanti ai fini del merito.
L’illogicità dedotta nel ricorso (patrocinato in appello dallo stesso Congedo) della scelta del sito, infatti, si valuterà nei prossimi mesi, a fronte di diversi fattori: (i) l’impatto che l’opera avrà sull’abitato di Santa Maria al Bagno, anche in termini di forti restrizioni alla balneazione e alla fruizione della scogliera da parte delle migliaia di bagnanti (residenti e no) che per oltre un secolo hanno fruito di quel tratto di mare e che ora si vedranno estromessi (ii) l’impatto acustico che finalmente anche la popolazione potrà misurare (iii) l’impatto sulla circolazione stradale e sui parcheggi (iv) l’impatto sulla qualità dell’aria ‘arricchita’ dal benzene frutto della combustione dei motori (v) l’impatto sulle attività di diporto (nuoto, kayak, navigazione) nel rettangolo di 800,000 mq pari ad un km per 800 metri in cui potrà ammarare l’idrovolante che dovrà creare collegamenti di rango europeo tra Puglia e Grecia.
Per quanto riguarda invece le garanzie procedimentali, nella fase sommaria del procedimento cautelare si è eccepita l’assenza di coinvolgimento dei donanti delle piante e proprietari degli immobili prospicienti il Giardino in tutto il procedimento amministrativo che ha portato alla determina dirigenziale 30.11.20. La Corte ha ritenuto che non sembra che vi sia stata violazione delle garanzie procedimentali. Resta un dato di fatto inoppugnabile. L’anziano donante di piante e del proprio tempo, Bruno Congedo, aveva diritto ad intervenire nel procedimento e poteva essere coinvolto, ad esempio, almeno come spettatore, nella Consulta per l’Ambiente per esprimere le proprie osservazioni. Nessun invito informale o formale gli è mai arrivato. La voce dei donanti non solo è stata totalmente silenziata, ma è stata addirittura preceduta da pubbliche offese durante la prima fase del procedimento amministrativo oggi impugnato.
Resta lo stupore che nel 2022 della crisi climatica ormai conclamata si chieda ai donanti di oltre 300 piante e di estati di lavoro gratuito e amatoriale, in perfetta buona fede e autorizzati fin dal 2010 dal dirigente del Demanio dello Stato (all’epoca proprietario dell’area) ritenendo la donazione una meritoria innovazione per quello che era uno sterrato sterile e discarica occasionale, di pagare (per fortuna simboliche) spese legali sulla sospensiva. Evidentemente i Congedo non sono Helen Mirren, l’attrice britannica che dieci anni dopo si è munita di guanti e buste ripulendo l’ “immondezzaio spontaneo e diffuso” sulla costa orientale del Salento, accolta dai media (e dai sindaci) come filantropa e ambientalista.
Almeno i giudici di palazzo Spada, in appello, non hanno contestato che fossero state donate palme e ginepri fenici che invece il progetto all’origine del primo ricorso definì “pinastri senza alcun valore”.
Resta oggi l’amarezza che un gesto compiuto per amore del proprio territorio (posto dove lo scrivente non è né nato né vissuto, e dove è solo tornato di anno in anno in vacanza da Londra, Roma e Milano, richiamato dalla bellezza del posto e dalla sensazione, negli anni 2000/2010, che si potesse e dovesse investire il proprio tempo ‘ritrovato’ per rilanciare quella parte di mondo allora ancora dimenticata dal turismo internazionale), si sia rivelato da due anni un incubo per sé e i propri familiari. Lo stesso Congedo che nel 2002 scoprì che Santa Maria al Bagno era stata la sede del “DP Camp n. 34” dell’UNRRA, informandone prontamente gli storici amatoriali locali. Che nel 1999 rintracciò a Miami quell’Ottfried Weisz che testimoniò per la Medaglia d’Oro al merito civile del Presidente Carlo Azeglio Ciampi (che incontrai poche settimane prima della sua scomparsa in Alto Adige nell’agosto 2016, ringraziandolo per quella Medaglia anche a nome della ‘sua’ città, inconsapevole di cosa sarebbe accaduto di lì a poco).
Resta lo stupore che se l’inaugurazione del parco Rabin a via Panama a Roma ha visto ben dodici ministri della Repubblica presenziare il 27 marzo scorso, il Giardino della Memoria dei sopravvissuti della Shoah e del DP Camp n. 34 di Santa Maria al Bagno ha visto sì passare un sottosegretario agli esteri nel 2020 e l’onorevole Emanuele Fiano nel 2021, ma nel primo caso si è tradotto in una salve di pesantissime insinuazioni nei confronti dei donanti e, nel secondo caso, nell’incredibile silenzio della stampa locale e regionale.
Ragion per cui oggi si è molto sereni per lo sforzo fatto per riqualificare quello che era un immondezzaio e parcheggio abusivo senza un filo di erba nell’arco di dieci bellissimi anni, ma si è seriamente preoccupati per il futuro che attende una località dove in questo momento un angolo di paradiso dove erano tornati aironi maggiori e centinaia di uccelli, turisti e ragazzi in visita per la Giornata della Memoria tornerà un pezzo di costa di turismo mordi e fuggi dove non solo i locali verranno estromessi ma persino i turisti di religione ebraica (e no) si chiederanno come sia stato possibile conciliare cinque docce e un bar con la memoria della rinascita dopo l’Olocausto nazi-fascista. Già oggi foresta di gramigna con bottiglie di plastica e cartacce in attesa di quel concorso di idee per la ‘riqualificazione’ lanciato a febbraio scorso.
La risposta c’è, la diedero i romani: summum jus, summa injuria.
Diremo noi, più terra terra: bastava il buon senso e il rispetto delle persone, passate e viventi, per evitare tutto questo.
Pierluigi Congedo
LUISS Guido Carli
Fellow King’s College London centre of European Law
Presidente pro tempore del Comitato a difesa della marina e del Giardino della Memoria di Santa Maria al Bagno