È stato intitolato ad Antonio “Nino” Pagliula il piazzale a ridosso delle mura di via Roma che delimitano il giardino botanico della città. L’amministrazione comunale ha scelto, non a caso, la Giornata della Memoria per onorare la figura di Pagliula, un neretino che visse l’atroce sofferenza della prigionia in un campo nazista tra il 1943 e il 1945. La cerimonia si è tenuta ieri davanti al fratello di “Nino”, ai figli e ad altri familiari e conoscenti, oltre che a diverse classi di studenti degli istituti scolastici neretini.
Nato a Nardò il 22 aprile 1914, il contadino Antonio “Nino” Pagliula fu chiamato a 19 anni al servizio di leva. Richiamato alle armi nel 1936 con il titolo di caporale, nel 1940 fu inviato in Albania. L’8 settembre 1943, in Grecia, fu catturato dalle truppe tedesche, deportato in Germania e internato appunto in un campo di concentramento nazista, da cui fu rimpatriato a Nardò solo il 24 agosto 1945. Nel 1972 è stato insignito della “Croce al Merito di Guerra per internamento in Germania”. Nel 2007, all’età di 93 anni, si è spento nella sua città. Nel 2013, in occasione del 67esimo anniversario della Fondazione della Repubblica, è stato insignito, alla memoria, della Medaglia d’Onore del Presidente della Repubblica per “essere stato deportato o internato nei lager nazisti nell’ultimo conflitto mondiale”.
Con una delibera di gennaio 2019, la giunta guidata dal sindaco Pippi Mellone aveva raccolto la segnalazione della signora Rachele Tollemeto, insegnante in pensione, che in un documento recapitato all’ente ha ripercorso la sua vicenda personale chiedendo appunto di intitolare una via o una piazza a un grande neretino del secolo scorso. Ieri la cerimonia formale di intitolazione che ha visto la partecipazione anche del presidente del Consiglio Andrea Giuranna.
“Nino Pagliula – ha detto Andrea Giuranna – è stato uno degli oltre 600 mila internati militari italiani, catturati dai tedeschi e trasportati nei campi di prigionia e di lavoro del Reich nel 1943, all’interno dei quali molti trovarono la morte. Un grande neretino, insomma, un soldato che aveva una grande forza d’animo e un amore sconfinato per la sua Patria, basti pensare che venne catturato per la sua fedeltà militare e per aver agito con dignità allo sfacelo delle forze armate dopo l’Armistizio. È un riconoscimento giusto e doveroso, che come tante vicende di quel periodo storico abbiamo il dovere di difendere dall’oblìo”.