CASO FIRME FALSE: SEQUESTRATI COMPUTER E DATI
Un fatto inatteso si è verificato questa mattina: quattro diverse pattuglie di carabinieri provenienti da Lecce hanno bussato a casa di quattro persone, intorno alle sette del mattino, per acquisire supporti informatici.
I militari, incaricati dal pubblico ministero, hanno suonato ai campanelli delle abitazioni di Paolo Arturo Maccagnano, Giuseppe Zacà, Carlo Pranzo e Stefania Raganato. Coloro che denunciarono, l’anno scorso, l’apposizione delle proprie firme in maniera apocrifa sui moduli di accettazione delle candidature alle elezioni del 2016.
Successivamente quelle firme – che il perito grafologico della procura della Repubblica ha certificato essere false – furono autenticate dal sindaco Pippi Mellone, all’epoca nelle vesti di consigliere comunale. Da ciò i problemi giudiziari per i primo cittadino di cui sono piene le cronache.
I carabinieri, quattro per pattuglia, hanno prelevato strumentazione informatica dalle abitazioni. In alcuni casi anche di congiunti e parenti, come la moglie e la figlia di due delle persone destinatarie del provvedimento.
Praticamente sono stati sequestrati computer, hard disk e anche cellulari che verranno esaminati nei prossimi giorni. Tutto scaturisce dalle dichiarazioni rese dal sindaco Mellone il quale – lo si apprende solo ora – ha disconosciuto la firma, apparentemente da lui apposta sui moduli di accettazione di candidatura, ed ha prodotto anche consulenza grafologica in tal senso. L’ipotesi formulata da Mellone, dunque, è che in concorso tra loro, le quattro persone avrebbero formato quattro modelli di dichiarazione di accettazione della candidatura, “apparentemente autenticate” dallo stesso Mellone, per poi denunciarne la falsificazione ed incolpandolo, sapendolo innocente.
Questo c’è scritto nel decreto di perquisizione emesso dalla procura della Repubblica di Lecce. Ricostruiamo, quindi, che il Pm, rilevando le dichiarazioni rese da Mellone, abbia doverosamente disposto l’indagine per verificare con quali strumenti informatici (scanner, stampanti, file, comunicazioni tra i quattro) siano stati “formati” i quattro modelli di dichiarazione. Lo stesso Mellone, di fatto, dichiarando falsa anche la sua firma e disconoscendola, ipotizza che sia stata messa in atto una strategia per incolparlo.
Ora, però, siamo alla resa dei conti: il grafologo ha accertato che le firme dei quattro sono false ma autenticate da Mellone. Mellone non avrebbe riconosciuto nemmeno la propria firma. Ma se gli inquirenti non troveranno questi strumenti atti alla “formazione” dei modelli di dichiarazione nei computer delle quattro persone c’è da essere certi che i quattro reagiranno. E la situazione si complicherà ancora di più.