È la prossima sfida del territorio neretino, cioè sfruttare le enormi opportunità del turismo “muslim friendly”, cioè proveniente dai Paesi islamici, che nel 2018 ha fatturato nel mondo ben 189 miliardi di dollari e che cresce ogni anno del 5%. Lo ha annunciato l’assessore al Turismo Giulia Puglia nel corso del seminario sul tema Il turismo musulmano che l’Italia non sfrutta che si è tenuto ieri al chiostro dei Carmelitani. Una iniziativa del gruppo B&B Salento (rappresentato dalla presidente Francesca Leone) a cui hanno preso parte, tra gli altri, Karim C. Benvenuto (per la filiera “Italy muslim friendly”) e il professor Vasco Fronzoni (Università Orientale di Napoli).
È emerso che l’Italia (e il Sud in particolare) non sembra ancora preparata ad accogliere questa tipologia di viaggiatori. Le bellezze artistiche, culturali, naturali, infatti, sembrano precluse ai turisti “muslim” che hanno notoriamente una cultura e uno stile di vita profondamente diversi da quelli italiano ed europeo. Con piccole accortezze sul fronte dell’accoglienza e dell’ospitalità, nel solco della “muslim hospitality”, si potrebbe intercettare un filone molto interessante, basti pensare che si tratta di turisti con una capacità di spesa (soprattutto quelli sauditi) in viaggi e vacanze che va dai 10 ai 100 mila euro l’anno. L’obiettivo del progetto discusso ieri è quello di rinforzare una filiera dell’eccellenza dell’accoglienza turistica, con la creazione di un marchio “Italy Muslim Friendly” per aziende convenzionate e certificate. La stessa Regione Puglia (il tema è al centro di un workshop in programma oggi a Bari) sta gettando le basi per l’avvio di un percorso finalizzato a sviluppare un’offerta strutturata di turismo “muslim friendly” in Puglia, mentre partirà probabilmente l’anno prossimo il primo tour per la Puglia pensato per i turisti di fede musulmana, “Puglia Halal Tour”, commercializzato da Ks Travel & Business.
“Il nostro ruolo di ente pubblico – ha spiegato Giulia Puglia – ci impone innanzitutto di sensibilizzare le aziende e gli operatori privati, poi di guidarli in un processo di formazione e certificazione e nella definizione di un modello di alta qualità di accoglienza e accompagnamento del turista musulmano nel suo soggiorno sul territorio. Che può dipendere da piccole cose, come ad esempio la predisposizione di menu in linea con la cultura “muslim”, che tra le altre cose non contempla il consumo di alcol, o la posizione del letto nelle camere delle strutture ricettive. È chiaro che serve fare un percorso per essere attrattivi e diventare una possibile destinazione “muslim”. Una prospettiva da cui possono trarre beneficio in molti: hotel, b&B, ristoranti, tour operator, guide, imprese del settore benessere, security, trasporti, negozi. Turista “muslim”, peraltro, non significa solo arabo, ma anche cinese, iraniano, indiano, pakistano o malese, proveniente da 57 Paesi del mondo. Noi vogliamo assolutamente farci trovare pronti, visto che i turisti “muslim” spendono molto, viaggiano in tutte le stagioni e aumentano a un ritmo di due milioni all’anno. Sono convinta che nel nostro percorso di crescita come destinazione turistica non possiamo ignorare questo fenomeno”.