L’archeologia d’oltreoceano “studia” l’enorme patrimonio archeologico di Portolsevaggio. Del parco, infatti, si è parlato oggi durante i lavori dell’84esimo meeting annuale della SAA (Society for American Archaeology) in corso di svolgimento ad Albuquerque, nel New Mexico. Keiko Kitagawa, ricercatrice all’università di Tubinga (Germania) e coordinatrice delle attività di studio e conservazione dei fossili di faune presenti nei reperti in deposito al Museo della Preistoria di Nardò, ha presentato alla conferenza americana i nuovi risultati dello studio avviato dall’equipe del Museo sul patrimonio archeologico dell’area del Parco.
Una “vetrina” importantissima per il parco di Portoselvaggio e per il territorio neretino, in considerazione del fatto che la Society for American Archaeology (SAA) è la più grande organizzazione di archeologi professionisti delle Americhe nel mondo. Fondata nel 1934, oggi conta oltre 7000 membri, tiene una conferenza annuale dal grande valore scientifico e pubblica il giornale di punta dell’archeologia americana, American Antiquity. Da sempre la SAA stimola la ricerca nell’archeologia americana, sostiene la conservazione delle risorse archeologiche, si oppone ai saccheggi dei siti e all’acquisto e vendita di materiali archeologici saccheggiati.
“Pochi luoghi – spiega il direttore del Museo della Preistoria di Nardò Filomena Ranaldo – presentano la concentrazione di siti archeologici e naturalistici che si rileva a Portoselvaggio e, di conseguenza, la sostenibilità della sua valorizzazione passa necessariamente attraverso la conoscenza approfondita dei beni che custodisce. Per recuperare e interpretare questa grande mole di informazioni sono ora impegnati ricercatori di diversi ambiti disciplinari, sia interni all’equipe del Museo che provenienti da dipartimenti universitari italiani ed esteri. La chiave di tutto questo quindi è che senza ricerca non esiste una valorizzazione vera di questo patrimonio”.
In particolare, il progetto coordinato dal Museo della Preistoria di Nardò ha l’obiettivo di aggiornare e dettagliare le informazioni relative al primo popolamento e ai cambiamenti ambientali di questo settore salentino, attraverso l’integrazione dei dati provenienti dalla revisione dei materiali archeologici degli scavi svoltisi negli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso (cui collaborò un “giovane” Gruppo Speleologico Neretino) e dalle ricerche attualmente in corso. Un progetto che ha il sostegno di Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio Brindisi, Lecce e Taranto, Comune di Nardò, Regione Puglia e Dipartimento di “Early Prehistory and Quaternary Ecology” dell’università di Tubinga. Oltre a supervisionare le attività di pulizia e restauro dei reperti, Keita Kitagawa (che nei giorni scorsi è stata a Nardò) ha avviato lo studio dei fossili di macrofauna provenienti dagli strati più antichi di Grotta Torre dell’Alto, Grotta Capelvenere, Grotta Uluzzo e Grotta Mario Bernardini. Gli obiettivi principali sono rilevare differenze e/o similitudini esistenti nei criteri di selezione delle prede e nei modi di trattare le carcasse da parte di diversi gruppi neandertaliani e contribuire alla ricostruzione dei cambiamenti ambientali durante le prime fasi di presenza umana in Salento. I dati vengono poi integrati con quelli provenienti dalle altre discipline per ricostruire un quadro sempre più affidabile e “narrabile”. Nei giorni scorsi su diversi ossi sono stati riconosciuti i segni prodotti durante la macellazione, ma si è scoperto che alcuni sono stati probabilmente utilizzati per modificare gli strumenti litici che i più antichi “neretini” impiegavano per le loro attività.
I primi risultati di questo studio sono stati presentati al congresso dell’Union Internationale des Sciences Préhistoriques et Protohistoriques che si è svolto a Parigi lo scorso giugno. Mentre lo stato attuale delle ricerche è stato illustrato oggi alla platea del meeting di Albuquerque.
“Il motto – chiude l’assessore con delega ai Musei, Parchi e Aree Protette Mino Natalizio – è sempre quello: conoscere per valorizzare. L’equipe del Museo della Preistoria sta facendo un lavoro importantissimo per restituirci un pezzo sempre più fedele della storia e per restituirla doverosamente a quell’incredibile “forziere” di notizie e di vicende archeologiche che è l’area del nostro parco. Nardò ha un patrimonio da scoprire e tutelare, che rappresenta anche un’enorme opportunità dal punto di vista turistico e della fruibilità, anche a scopi scientifici”.