*FOTO* INTITOLARE LA PIAZZA PRINCIPALE DI NARDÒ AI “MARTIRI NERITINI”
Di Salvatore Calabrese
La CHIAZZA di Nardò se potesse parlare avrebbe da raccontarci miriadi di storie, di fatti e di personaggi. La CHIAZZA è stata il fulcro dell’economia cittadina, dove valorosi progettisti e qualificate maestranza hanno dato sfoggio al loro ingegno ed alla loro fantasiosa inventiva per creare uniche ed armoniose opere d’arte. Questa CHIAZZA nel corso dei secoli ha visto transitare finanche Santi (San Francesco d’Assisi ed il Beato Giulio di Nardò) ed Imperatori (Federico 2° di Svevia).
Questa CHIAZZA ha visto svolgersi rivoluzioni sociali (1647 e 1920), miracoli (1743) ed è stata anche testimone oculare di violente esecuzioni capitali eseguite a dei suoi concittadini rivoltosi, rei di invocare lavoro, pane e giustizia, per non parlare anche di una fitta sassaiola avvenuta contro un vescovo accusato di faziosità e partigianeria politica.
La CHIAZZA, 278 anni fa, fu l’epicentro di un devastante terremoto che rase al suolo quasi l’intera città di Nardò, in quella circostanza le costruzioni che la delimitavano, compreso il Palazzo di Città, crollarono tutte, ad eccezione del Sedile con sopra le statue dei Santi Protettori della Città (San Gregorio, San Michele e Sant’Antonio) che in quella circostanza, con gesti e movimenti miracolosi, porsero fine al fenomeno tellurico.
A quell’immane disastro la CHIAZZA seppe reagire con immediatezza, in pochi anni fu ricostruito il maestoso Palazzo di Città e tutte le case che la circondavano, furono ricostruite con architetture stilistiche che riecheggiavano il tardo barocco dell’epoca e ne anticipavano l’emergente rococò con le sue forme curve ed armoniosamente decorate con colori poliedrici e leggiadri. Pochissimi anni dopo l’immane disastro (1749) si dette inizio ad un’opera monumentale grandiosa ed unica al mondo. Si tratta di una monumentale CULONNA di tufo compatto dal colore giallino (carparo) alta 19 metri (all’epoca 20 metri, perchè il livello della CHIAZZA era di un metro più basso dell’attuale). Questa CULONNA, inaugurata l’8 dicembre del 1753, è troncoconica, composta da cinque piani, circondata da quattro Santi in pietra leccese (San Giuseppe, Sant’Anna, San Gioacchino, e San Domenico), ha una guglia terminale sormontata dalla Madonna dell’Immacolata che schiaccia un serpente su di una sfera di marmo rappresentante il globo terrestre.
In questa CHIAZZA si sono svolte le più importanti attività cittadine e sino alla seconda metà del secolo scorso, ogni sera proprietari, fattori, sensali, artigiani, contadini, manovali e sciurnatieri, ci si trovavano per offrire, proporre, cercare e ricevere lavoro per i giorni successivi ed anche per pagare e riscuotere la paga della SCIURNATA o dei MANISPORI ai lavoratori, per le prestazioni lavorative già effettuate. Solitamente queste operazioni si concludevano col contadino che, ad incasso avvenuto, ringraziava il padrone, o chi per lui, con la frase: MO SCIAMU CU TI LA SPENDU, che consisteva in un invito ad andare in una delle tante osterie (CANTINE) come quelle di TICITICCHIU, MINGULONE o di TORA che si trovavano nelle immediate vicinanze e li offrivano da bere MIENZU QUINTU TI MIERU e da consumare qualche PURPETTA, PEZZETTU ti CARNE, ti QUATARONE, ti NTRAMA RIZZA o ti PURPU FRITTU oppure n’UEU DDILISSATU.
Sino alla fine del 1940 la CHIAZZA era considerata tabù per le donne che ci tenevano al loro prestigio. Nessuna donna si permetteva di attraversarla e quelle poche e rare donne che osavano trasgredire a quell’usanza, venivano tacciate come donne di mal costume.
Alla fine dell’800, dentro la CHIAZZA, al fianco della Chiesa di San Trifone fu progettata la sede del teatro comunale, ma poi subentrarono altre situazioni ed il progetto fu spostato e realizzato nella sede in cui si trova attualmente.
La CHIAZZA era sede di rinomati caffè e punti di ristoro, tra questi ricordiamo il caffè della TRIESTINA col suo pasticcere EGIDIU ZIMBA, quello di AUGUSTU PARISI con i rinomati SPUMONI e croccantini e poi gli ottocenteschi caffè di PETOLICCHIO e di COSIMU ROCCA, dove il Maestro pittore CESARE MACCARI si recava spesso per sorseggiare LU ROSOLIU che sarebbe il classico liquorino fatto di petali di rose macerati nell’alcool etilico (LU SPIRITU).
In quel Caffè il Maccari adocchiò GISEPPU L’ANDISCIATORE, il quale con la sua caratteristica faccia coperta da una folta e lunga barba bianca, ben si prestava a fare da modello per il PATRETERNU che stava affrescando nell’Abside della nostra Cattedrale.
E LUCE FU
Erano i primi anni del 900, quando TOTO’ TI LA LUCE (Salvatore Presicce) con due lunghi fili di rame ed una lunga SCALA LLIATIZZA, si arrampicò sulla vetta della CULONNA ed ai piedi della Madonna applicò una lampada elettrica ad incandescenza da 500 Watt e nei 4 angoli della piazza sostituì i 4 lampioni a petrolio con altrettante lampade elettriche da 150 Watt, poi con le melodiose note trionfanti dell’Aida, suonata dalla mitica BANDA VERDE, venne così inaugurata la prima illuminazione elettrica a Nardò.
Mitiche erano le luminarie TI LI PANIERI ospitati nella CHIAZZA nelle occasioni delle feste di SAN GRICORIU, lu CRUGGIFISSU e la MATONNA TI LU CARMINU, quando sotto alla CULONNA, sulle casse armoniche a cupola, ben parate da artistiche scene luminose, notorie bande musicali come quelle di Squinzano, Martina Franca, Conversano e di altri paesi venivano ad esibirsi con dei brani musicali dalle arie melodicamente piacevoli.
Nella CHIAZZA, mitiche erano le adunate folcloristiche che si esibivano nell’URTIMU GIURNU TI CARNIALE, quando dei cortei di persone mascherate manifestavano giulivi le loro gioie con il classico CARNIALE MUERTU, dove dei finti straccioni (molto spesso veri) MBRIACHI A STOZZE, venivano stesi su dei carretti e degli improvvisati CHIANGI-MUERTI li piangevano ricordandone le loro virtù terrene.
Sino a circa 35-40 anni fa, LA CHIAZZA era anche l’ultimo tragitto terreno che si effettuava a tutti i defunti, compresi anche i più poveri ed i meno abbienti i quali venivano trasportati al cimitero con il CARRO FUCI FUCI ed era usanza che tutti i cortei funebri dei defunti dovevano SPACCARE LA CHIAZZA, prima di essere avviati all’estrema dimora del CAMPUSANTU.
Per buona parte del fine 800 e per tutto il 900, la CHIAZZA è stata sede di svariati circoli ricreativi e di categoria, quali il CIRCOLO CITTADINO (frequentato dai borghesi, benestanti, nobili e presunti tali), il CIRCOLO DEI COMMERCIANTI, l’UNIONE AGRARIA, il PRINCIPE UMBERTO, l’ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEI REDUCI E COMBATTENTI, il CIRCOLO DEGLI INVALIDI E MUTILATI DI GUERRA, il CIRCOLO DEI MURATORI e nelle immediate vicinanze il CIRCOLO VITICULTORI e la SOCIETA’ OPERAIA. Erano (alcuni lo sono ancora), punti di ritrovo per soci appartenenti alla categoria indicata, dove si leggevano i giornali, si chiacchierava e per passatempo si praticava il gioco delle carte che nel periodo di Natale, con il MACAU e la ZZACCHINETTA, diventava anche d’azzardo.
Nella CHIAZZA era quasi consuetudine assistere a forti litigi che tra spintoni, urla e bestemmie facilmente sfociavano in risse con CAGGI, SCAFFI E PUGNI e di conseguenza sulle loro facce emergevano UECCHI GNORI e qualche CILONA AN CAPU. Quasi sempre il perdente terminava la lotta dentro LA FUNTANA TI LU TORU, dove si riprendeva dalle botte subite e si rianimava dalla sbornia derivante TI LU MIERU CA S’ERA SCULATU INTRA LA CANTINA.
La CHIAZZA, durante il ventennio fascista, fu teatro di grandiose esibizioni ginniche e di importanti manifestazioni politiche inneggianti al regime.
Successivamente, con l’era repubblicana, nella CHIAZZA affollatissima hanno tenuto applauditissimi discorsi Onorevoli,, Ministri e Capi di Governo, tutti annunciati dall’inconfondibile voce ritmica, lenta e cadenzata di CIO’ CIO’ CAZZANTE, col suo classico: CITTADINI, TRA POCHI ISTANTI, IN QUESTA PIAZZA, TERRA’ UN PUBBLICO COMIZIO L’ON… PER IL PARTITO… TUTTI QUANTI SIETE INVITATI A PARTECIPARE.
Subito dopo gli altoparlanti a tutto volume suonavano gli inni dei partiti (BIANCOFIORE, BANDIERA ROSSA, O SOLE CHE SORGI, MARCIA REALE ect.) per i quali gli oratori annunciati dovevano fare il comizio immediatamente dopo.
Alla fine degli anni 80 la CHIAZZA subì dei cali, diventò sempre più deserta ed abbandonata. Porte e finestre di materiale legnoso vennero sostituite con disgustosi infissi di alluminio anodizzato. Un degrado ed un abbandono durato sino a pochi anni fa.
Ecco, questa era la CHIAZZA di Nardò, con tutte le sue peculiarità, con i suoi pregi e difetti. Oggi, finalmente qualcosa sta cambiando, le costruzioni le stanno restaurando richiamando stili piacevoli ed appropriati. A breve, la vecchia e storica sede del Municipio dovrebbe riprendere le funzioni istituzionali che l’hanno caratterizzato per secoli. Le vecchie CANTINE sono state sostituite con gradevoli ed accoglienti trattorie arredate con gusto, dove vengono preparate pietanze della nostra vecchia tradizione locale. I giovani la stanno frequentando in massa e le stanno ridando vivibilità e visibilità. Insomma, le prospettive della nostra CHIAZZA sono da considerare positive e rosee.
Vorrei tanto che un mio vecchio desiderio potesse realizzarsi, sarebbe quello di poter cambiare il nome della CHIAZZA, attualmente dedicata ad Antonio Salandra, un politico d’inizio 900, conosciuto solo per aver condotto l’Italia al disastro della Grande Guerra, quindi non meritevole di dare il suo nome alla bomboniera della nostra città. Mi auspico che, un giorno non molto lontano, il nome dedicato alla CHIAZZA fosse quello dei
MARTIRI NERETINI
che proprio in quella CHIAZZA, IL 20 AGOSTO DI 371 ANNI FA, di fronte al Sedile, per 52 giorni appese a dei pali furono esposte le loro teste decapitate per essere consumate dalle mosche e dagli insetti ed è per questo che ritengo giusto e doveroso affinchè le nostre Autorità cittadine possano
DEDICARE AI NOSTRI EROI IL NOME DELLA CHIAZZA