A LI SCHIAVONI SPUNTANO UN ABITATO FORTIFICATO DI ETÀ MESSAPICA E UNA NECROPOLI
Si è svolta nello scorso mese di settembre la seconda campagna di scavi presso il sito archeologico di località Li Schiavoni, nel territorio di Nardò. Le indagini, condotte sotto la direzione scientifica di Giovanna Cera (Università del Salento) e in concessione con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Brindisi, Lecce e Taranto, sono state in parte finanziate dal Comune di Nardò e hanno visto la partecipazione degli studenti del Dipartimento di Beni Culturali dell’ateneo salentino.
Posto a circa 4 km a nord-est di Porto Cesareo, il sito (un esteso pianoro soprelevato dal quale si domina gran parte del litorale ionico da Porto Cesareo a Torre Lapillo) presenta numerose evidenze archeologiche riferibili a un abitato fortificato di età messapica. Il tracciato delle mura antiche, in parte visibili sotto al muretto a secco moderno che circonda l’area, raggiunge una lunghezza di circa 650 metri e delimita una superficie di 3 ettari. L’esistenza del fossato che fiancheggia parte del circuito murario sul lato orientale (e ben evidente nelle immagini aeree) denota la vocazione difensiva dell’insediamento. Vocazione sottolineata anche dalla scelta del luogo, arretrato rispetto alla costa e protetto naturalmente grazie alla posizione dominante, a controllo del territorio. Le attività di scavo si sono concentrate all’interno di un terreno agricolo di proprietà privata e sono state finalizzate a comprendere le modalità e le fasi di occupazione del sito e a intercettare i resti delle mura di cinta. L’apertura di un saggio a ridosso del muretto a secco che delimita il pianoro ha permesso di documentare le caratteristiche delle fortificazioni, forse realizzate in due fasi successive. È venuta in luce una poderosa struttura, caratterizzata da due paramenti esterni realizzati a grandi blocchi di forma irregolare e da un riempimento interno di notevole spessore, costituito da pietre calcare e tufacee, coppi e frammenti ceramici. I materiali recuperati dai livelli associati a queste strutture sembrerebbero attestare un’assidua frequentazione dell’area per lo più nell’ambito dell’epoca arcaica e classica, pur comprendendo residui di probabile orizzonte protostorico, dell’Età del Ferro e anche più recenti reperti di età ellenistica, probabilmente ultimo periodo di utilizzo dell’opera difensiva.
È stata individuata anche un’area di necropoli. Tuttavia l’attività degli scavatori clandestini ha danneggiato per sempre il contesto archeologico e le tombe messe in luce, realizzate in blocchi e lastre di pietra leccese, sono apparse sconvolte e già pesantemente manomesse, impedendo agli archeologi di ricomporre con sicurezza le originarie associazioni di materiali. Degni di particolare interesse, tra questi ultimi, alcuni esemplari di importazione attica, corinzia e coloniale – indizio dei contatti commerciali che gravitavano attorno a questo insediamento – numerosi contenitori o bacini con orlo modanato e pesi da telaio. Le indagini, in ogni caso, sono solo all’inizio e ancora tanto resta da scoprire di questo antico insediamento. A settembre 2018 è in programma la prossima campagna di scavi.
“Gli scavi – rileva il consigliere comunale Paolo Maccagnano – stanno facendo emergere un’interessantissima finestra sulla storia della nostra città e del Salento. È importante capire fino in fondo, grazie a questo lavoro comune con Unisalento e in concessione con la Soprintendenza, cosa nasconde questa porzione di territorio e cosa può rappresentare sul piano archeologico, storico e anche della fruibilità collettiva. Serviranno tempo e risorse, ma è un fronte su cui la nostra amministrazione ha una sensibilità altissima. Riteniamo infatti che le potenzialità storiche e ambientali di questo territorio, in parte ancora sconosciute e in generale valorizzate molto poco sino ad oggi, siano il più efficace motore di sviluppo che abbiamo a disposizione”.